Il bamboo può sostituire l’acciaio

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La mostra Internazionale di Architettura a Venezia si è aperta il 26 Maggio e rimarrà accessibile al pubblico fino al 25 Novembre. Attraverso un persorso visivo si cercano materiali paragonabili per resistenza all’acciaio e che lo possano sostituire in un potenziale futuro. La mostra è uno spazio dedicato alla sperimentazione di nuove strade, puntando all’innovazione di materiali disponibili sul suolo. Questo è già realtà In paesi come l’Asia, dove la costruzione di strutture e infrastrutture viene completamente eseguita con il bamboo.
Basta infatti elencare qualche sua caratteristica fisica e meccanica per convincersi che sarà così. In alcune specie lo spessore del culmo (il fusto delle graminacee) può arrivare fino a 30 millimetri e il suo diametro fino a 30 centimetri, con altezze che possono raggiungere i 40 metri. Cavo e leggero, il bambù ha straordinarie proprietà meccaniche: la resistenza a tensione delle sue fibre può toccare i 12.000 kg/cm2, quasi due volte quella dell’acciaio. E supera addirittura il calcestruzzo nella resistenza a compressione.

Moltissime ormai sono le costruzioni di bamboo, sparse in tutto il mondo. Esemplare, in Italia, è il padiglione costruito durante l’Expo di Milano, del Vietnam che evocava l’ambiente asiatico e che allo stesso tempo dimostrava come il materiale potesse rivelarsi estremamente sicuro e resistente.

Per un lungo periodo l’utilizzo diffuso di materiali moderni ha significato per il bambù la perdita del ruolo che aveva conquistato nelle regioni del pianeta in cui è diffuso. È stato gradualmente sostituito da calcestruzzo, acciaio e legno ed è cosi diventato il legno dei poveri. Ma oggi questa connotazione e l’idea della sua deperibilità sono fattori in parte superati e il bambù è in fase di rivalutazione in tutto il mondo, anche grazie alla sua connotazione ecosostenibile. La pianta delle meraviglie, tuttavia, non è esente da rischi: alcune delle migliaia di specie di bambù sono, purtroppo, a rischio di estinzione a causa della deforestazione. Non sono pochi gli incendi dolosi, provocati per liberare i terreni ad altre coltivazioni, magari più redditizie nel breve periodo ma certamente meno lungimiranti.

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