Un progetto per ospedali nell’emergenza COVID-19: CURA

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Il sistema CURA (Connected Units for Respiratory Ailments) utilizza container riconvertiti per creare unità di terapia intensiva pronte all’uso nella lotta contro COVID-19.

Le unità puntano ad essere rapide da installare quanto una tenda ospedaliera, ma sicure per le attività mediche quanto un reparto di isolamento, grazie a dispositivi di biocontenimento con pressione negativa.

Mentre prosegue la pandemia di COVID-19, un gruppo internazionale di designer, ingegneri, medici ed esperti militari ha unito le proprie forze per lavorare a CURA: un progetto open-source per rendere più efficiente la costruzione di nuove unità di terapia intensiva.
Il primo prototipo del sistema CURA (acronimo per “Connected Units for Respiratory Ailments”, ovvero “Unità connesse per le malattie respiratorie”) è in corso di sviluppo a Milano, grazie al sostegno di UniCredit. Il progetto utilizza container riconvertiti per creare stanze di biocontenimento trasportabili in qualsiasi città del mondo, così da rispondere con prontezza alla propagazione della malattia e alla carenza di postazioni nelle terapie intensive degli ospedali.

Ogni unità di CURA funziona in modo autonomo ma la configurazione può essere multipla

CURA consiste in una unità compatta di terapia intensiva per pazienti con malattie respiratorie, alloggiata all’interno di un container intermodale a biocontenimento (grazia a un sistema a pressione negativa), della lunghezza di circa 6 metri.
Ogni unità funziona in autonomia e può essere spedita ovunque. I container sono connessi da una struttura gonfiabile e possono generare configurazioni modulari multiple (da 4 a oltre 40 posti letto). Alcune unità potrebbero essere posizionate in prossimità di un ospedale (ad esempio in un parcheggio) per aumentare il numero di postazioni di terapia intensiva. Altre unità potrebbero essere utilizzate per creare infrastrutture autonome di dimensioni variabili.

CURA punta a migliorare l’efficienza delle attuali soluzioni per la progettazione di ospedali da campo, adattandole ai bisogni della pandemia da coronavirus. Nelle ultime settimane, di fronte alla crescita del numero di pazienti con gravi sindromi respiratorie, spesso con bisogno di ventilatori polmonari, molti ospedali nei paesi più colpiti dal COVID-19, dalla Cina all’Italia, dalla Spagna agli Stati Uniti, si sono trovati in difficoltà ad accrescere il numero delle postazioni in terapia intensiva. Comunque si evolva la pandemia nei prossimi mesi, si prevede che a livello internazionale sarà necessario un numero aggiuntivo di unità di terapia intensiva.

Fino ad oggi, la risposta all’emergenza, sia in Cina che in Italia, ha seguito due strade. Da un lato, la creazione di strutture temporanee come tende ospedaliere. Dall’altro, la costruzione di unità prefabbricate di biocontenimento. Se quest’ultima opzione richiede un notevole dispiego di tempo e risorse, la prima opzione ha dimostrato di esporre il personale sanitario a rischi di contagio più elevati, oltre a mettere a dura prova le operazioni quotidiane, soprattutto sul lungo periodo.

Il sistema CURA è concepito come una soluzione pronta all’uso. Ogni container può essere trasportato in diversi modi – nave, ferrovia, su gomma – ed essere riutilizzato in ogni parte del mondo, rispondendo alle esigenze e alla capacità dell’infrastruttura sanitaria locale.
Il progetto CURA è sviluppato senza scopo di lucro e secondo una modalità open-source, e invita ad ulteriori contributi e suggerimenti. I professionisti e le organizzazioni che hanno contribuito fino ad oggi sono elencati in calce, in ordine cronologico.

Per dettagli: https://www.ingenio-web.it/26318-cura-un-progetto-open-source-per-ospedali-nellemergenza-covid-19

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