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I danni potenziali da alluvione a Firenze -2 puntata

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1. præmie -papir - Torstorp Fotoklub 2011

APPLICAZIONE ALL’AREA URBANA DI FIRENZE
La ricostruzione degli scenari di allagamento idraulico, per tempi di ritorno fino a 200 anni e nella configurazione idraulica dell’Arno come da rilievi disponibili al 2015 e risalenti per gran parte a fine anni ’90, è stata eseguita utilizzato gli idrogrammi di progetto stimati ai fini della definizione del Piano Stralcio per la Definizione del Rischio Idrogeologico (Autorità di Bacino del Fiume Arno, 2002). Elemento innovativo chiave, rispetto a tale studio, è stata la disponibilità del rilievo Lidar del terreno a risoluzione di 1m, rilasciato da Comune di Firenze, con disponibilità anche della superficie di inviluppo degli edifici. Come mostrato in Arrighi et al., una parziale validazione del modello è stata effettuata confrontando i battenti dello scenario a tempo di ritorno maggiore con i livelli riportati nelle targhe dell’alluvione del ’66 presenti in molti punti nel centro di Firenze. Anche nello scenario centennale, circa 3 km2 di area urbana, in zone principalmente periferiche, risulterebbero attualmente allagati, mentre nello scenario duecentennale l’area allagata sale a circa 11 km2, interessando in maniera sostanziale anche il centro storico con un battente medio di circa 2.5m.
Per il dettaglio dei dati e dei parametri usati per la stima del valore dei beni esposti e della loro vulnerabilità si rimanda ancora ad Arrighi et al. (2013, 2016). In ambedue i casi, ma soprattutto per le attività commerciali, i danni attesi maggiori sono nel centro storico, nonostante i battenti maggiori (non mostrato qui) si stimano nella parte nord-ovest dell’area allagabile. I risultati di danno complessivo per le principali categorie monetizzabili sono riportate in Tabella 3, sia in termini di valore medio per unità di area (di territorio) che in percentuale del valore esposto. Nella stessa tabella sono anche riportati, per i due eventi, i danni totali monetizzabili per le categorie considerate. I danni totali per i diversi tempi di ritorno forniscono, tramite interpolazione, la curva danni-frequenza riportata in Figura 4, il cui integrale fornisce il rischio idraulico totale in termini di Expected Annual Damage, che per la zona e le sole categorie monetizzabili considerate ammonta a circa 53 M€/anno. La sua distribuzione spaziale, in €/ m2/anno, è mostrata in Figura 5. Risalta ancora la concentrazione molto più elevata nel centro storico, con picchi fino a 64 €/m2/anno, risultato di una ‘sfortunata’ concomitanza di esposti ad alto valore economico in zone ad elevata pericolosità idraulica.
Più recentemente è stata sperimentata l’applicazione della piattaforma RASOR (Rapid Analysis
Tabella 3 – Danni monetizzabili alle principali categorie di esposto, per eventi di riferimento centennale e duecentennale (da Arrighi et al. 2016). nell’area urbana di Firenze

And Spatialization Of Risk, CIMA Research Foundation, 2013), che utilizza un diverso dettaglio spaziale e diverse librerie di curve battente/ danno. Sono state inoltre rivisti alcuni dettagli sulle mappe di pericolosità (Autorità di Bacino del fiume Arno, comunicazione personale). Alla fine questi ultimi, sull’intera area metropolitana, superano anche i danni alle abitazioni. Passando quindi alla stima dei danni al patrimonio culturale, data la sostanziale ‘stabilità temporale’ dei beni artistici presenti a Firenze, di cui una parte quantitativamente minoritaria è costituita da opere d’arte contemporanee, l’esperienza dell’alluvione del 1966 fornisce utili indicazioni anche per la situazione attuale. In particolare il numero di opere che è stato possibile restaurare, o che sono comunque in corso di restauro, ha consentito innanzitutto una stima, per quanto approssimata, della vulnerabilità delle principali tipologie di opere (dipinti, statue, libri ecc., e.g. Corradetti, 2014, Giusti, 2015). Molti aspetti richiedono però ancora sostanziali approfondimenti, ad esempio quelli legati a tecniche e tempi più o meno lunghi di restauro. Nel presente studio è stato scelto di stimare, a favore di cautela, come ‘perse’ alla effettiva fruizione del patrimonio quelle opere che richiederebbero tempi di restauro superiori ai dieci anni. Tali stime di vulnerabilità sono state quindi applicate al censimento delle opere d’arte attualmente esposte a rischio a Firenze, cioè posizionate a livelli raggiungibili dalla piena, effettuato in collaborazione fra l’Autorità di Bacino del Fiume Arno e il MIBACT (http://www.adbarno.it/beniculturali/intro_fd.php). Nell’applicazione, è stato necessario introdurre alcune assunzioni specifiche del caso in studio, al fine di dare una prima valutazione di base corrispondente ad un ‘worst-case scenario’: a) non vengono messi in atto le operazioni (comunque ad oggi pianificate) di spostamento delle opere a quota di scurezza prima dell’arrivo della piena; b) le opere vengono comunque ricoverate in luogo idoneo entro 48 ore, in modo da consentire le successive operazioni di restauro; c) il restauro delle opere danneggiate è limitato da soli fattori tecnologici, senza limiti finanziari; d) le perdite vengono computate dopo un numero congruo di anni, tale da poter considerare terminate tutte le operazioni di restauro; e) gli scenari di allagamento di riferimento per la valutazione del livello di pericolosità degli edifici includono anche quello con tempo di ritorno 500 anni. La relativa omogeneità storico-artistica di gran parte del patrimonio culturale di Firenze, soprattutto quello del centro storico, ha consentito una pima valutazione delle vulnerabilità sulla base delle tipologie di edificio. Chiese ed altri edifici di culto annessi (chiostri, cappelle) sono state assegnate alla categoria a più alta vulnerabilità, sia per la frequente presenza di cripte e altri spazi sotterranei, sia per la presenza di affreschi e decorazioni altamente danneggiabili e non computati nel censimento delle opere d’arte sopra richiamate. All’estremo opposto, quindi a bassa vulnerabilità, si considerano le biblioteche e gli archivi, spesso classificati nel patrimonio culturale più per il contenuto che per il pregio dell’edificio, comunque questo già computato nel suddetto censimento. Nella classe intermedia si collocano le altre categorie (i musei, limitatamente al bene murario, i teatri, i palazzi).
Anche per le opere d’arte si sono considerate alcune macro-categorie: dipinti su tela o legno; libri, archivi, stampe; sculture; oreficeria, argenteria, porcellane, cristalli, numismatica ecc. La stima della loro vulnerabilità, però, è stata possibile in maniera più quantitativa, sulla scorta dei numerosi studi effettuati sul restauro post ’66. Per i dipinti, ad esempio, la ‘superficie’ persa è stata stimata intorno al 60% (Batini, 1967, Sebregondi, 2009); dopo 35 anni, il restauro delle due più importanti collezioni di manoscritti della Libreria Nazionale era arrivato a poco più della metà (Fontana, 2002), mentre sicuramente più bassa, qui assunta pari al 15%, è stata la vulnerabilità delle sculture (Corradetti, 2014). I risultati della valutazione di rischio da alluvione per il principale patrimonio culturale di Firenze è mostrato nelle due mappe di Figura 6, a sinistra per gli edifici storico-artistici a destra per i loro contenuti in opere d’arte, secondo i parametri definiti in Tabella 1. Solo per chiarezza di rappresentazione, le mappe sono state ritagliate sul centro storico. Il rischio maggiore si riscontra per le chiese ed i complessi monastici in aree la cui pericolosità è ben al di sopra del limite dei 200 anni di tempo di ritorno, come nel quartiere di S. Croce (la chiesa e il chiostro) e in altre zone del centro storico (S. Remigio, SS. Apostoli, S. Trinita, il Duomo). La città di Firenze include, secondo il suddetto censimento, 176 edifici ufficialmente classificati come facenti parte del patrimonio culturale. Di questi, poco più di un quarto verrebbero raggiunti oggi da una piena centennale, e circa il 70% da quella duecentennale. Per quanto riguarda la potenziale perdita di opere d’arte, alla data dell’indagine qui descritta (2014) risaltavano ancora S. Croce ed il chiostro, ma anche il complesso degli Uffizi con i suoi depositi sotterranei. Perdite significative, fino ad un tasso equivalente del 2 ‰ annuo, si stimano anche per molti altri musei: il Bargello, il Museo delle Scienze, quello dell’Opera del Duomo, quello di S. Maria novella con il chiostro. Le stime di perdita per le opere d’arte, per le ipotesi semplificative introdotte, sono da guardarsi più come un’utile indicazione dei diversi livelli necessari per la messa in funzione di specifiche azioni di salvaguardia, incluse quelle, già ricordate, relative alla possibilità di spostare rapidamente le opere a quota di sicurezza in caso di allarme. Si noti infine il caso particolare della Biblioteca Nazionale, in basso a destra sulle mappe, dove le azioni correttive e di protezione effettuate immediatamente dopo il 1966 hanno consentito di trasformare in situazione a basso rischio un caso di edificio di elevato valore culturale posto in area ad alta vulnerabilità.
CONCLUSIONI
Il presente studio, che riporta i principali risultati dei lavori di Arrighi et al. (2013, 2016), ha dimostrato come, utilizzando dati geografici ed economici di tipo ‘open’ insieme a studi di settore, sia possibile arrivare alla stima quantitativa del rischio da alluvione anche per una realtà complessa come Firenze, con un dettaglio spaziale della scala censuaria o del singolo edificio storico-artistico. Per la stima quantitativa del rischio, si è utilizzato il classico Expected Annual Damage monetario per i beni riconducibili al valore economico, mentre per i danni al patrimonio

equivalente di perdite annue di opere d’arte in essi contenute.
culturale, riconoscendone il valore largamente ‘intangibile’, le misure adottate fanno riferimento ad un più generale concetto di perdita. Per la valutazione del rischio, secondo la formulazione classica per catastrofi naturali rare, si sono stimati i danni potenziali per diversi scenari di frequenza assegnata. I danni per l’evento duecentennale assumono particolare rilievo data la sua maggior vicinanza, fra quelli qui considerati, all’alluvione del 1966. Rispetto all’evento di progetto duecentennale, l’evento del ’66 ha sicuramente comportato maggiori volumi di allagamento delle città, e per giunta le presenti stime di danno hanno necessariamente trascurato molti impatti economici ancora da quantificare (infrastrutture, edifici pubblici, attività economiche marginali). La stima complessiva di circa 9 miliardi di Euro di danni monetizzabili sull’area da Rosano a Signa, ottenuta per l’evento duecentennale, è quindi da considerarsi come un’approssimazione sicuramente in difetto ai danni di tale tipo che si avrebbero oggi per un’alluvione pari a quella del ’66. Meno in difetto è probabilmente, per le assunzioni cautelative adottate, la stima dei danni al patrimonio culturale, con una perdita di quasi il 40% del totale di opere d’arte in area allagabile in assenza di specifiche azioni di salvaguardia. Risulta infine utile considerare il valore medio ottenuto per l’ Expected Annual Damage, pari a circa 53 milioni di Euro all’anno, in un’ottica di valutazione costi/benefici di opere e altre strategie di riduzione del rischio. Ipotesi cautelative di dimezzamento del rischio, quindi con un beneficio equivalente di circa 26 milioni di euro all’anno, con costi di opere dell’ordine dei 100 milioni di euro, porterebbe all’equivalente ammortamento dei costi in poco più di 5 anni.

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